Sabato 26 gennaio 2013.
Terzo giorno consecutivo di mal di testa.
Facile dedurre quale livello di intolleranza e di incazzatura io abbia raggiunto… ancora più semplice intuire la caduta precipitosa del mio pH verso livelli decisamente acidi, tanto che se un pompelmo dovesse venire accidentalmente a contatto con me, gli si ritirerebbero le gengive.
Mi sembra la giusta premessa, questa, per tentare di giustificare i toni aspri che seguiranno, anche se sono convinta che l’argomento scatenerebbe in me le stesse reazioni di rabbia, di sconforto e di poca, pochissima comprensione e benevolenza, anche in assenza di mal di testa.
Il fatto è questo.
Stamattina vagavo su Facebook, nel più totale scojonamento e rincojonimento, come un automa. Guardavo, ma non vedevo; leggevo, ma non capivo.
Assente, apatica, astenica, astronza.
Quando all’improvviso mi imbatto in una citazione di Robin Norwood, tratta dal libro “Donne che amano troppo”:
“Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo. Quando nella maggior parte delle nostre conversazioni con le amiche intime parliamo di lui, dei suoi problemi, di quello che pensa, dei suoi sentimenti, stiamo amando troppo. Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza o li consideriamo conseguenze di una infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo. Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuose, lui vorrà cambiare per amor nostro, stiamo amando troppo. Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo. A dispetto di tutta la sofferenza e l’insoddisfazione che comporta, amare troppo è una esperienza tanto comune per molte donne che quasi siamo convinte che una relazione intima debba essere fatta così…”
Naturalmente, e mi sembra quasi inutile dirlo tant’è banalmente ovvio e prevedibile, queste parole erano condite da migliaia di apprezzamenti e centinaia di commenti. Tutti di donne. Tutte schifosamente e pericolosamente d’accordo con le parole di Norwood, il quale deve augurarsi che io continui a non sapere neanche chi cazzo sia e che faccia abbia e pregare di non incrociare mai il mio cammino, ché altrimenti un calcio nel culo non glielo toglie nessuno.
Quello che però mi preoccupa, e non sto esagerando, è la facilità con cui una frase del genere scateni tutte queste groupies dell’amore folle e le esalti, legittimandole a pensare che il nodo dello scatafascio che stanno vivendo sia nel troppo amore, nel LORO troppo amore, ovviamente, non ricambiato in termini di quantità. Da qui a sentirsi le paladine del sentimento puro, elargito senza sconti, a diventare le sante e le martiri del rapporto a due il passo è breve. Il successivo sarebbe quello di iniziare a fare miracoli, farsi ricrescere l’imene e pisciare acqua santa dall’ombelico.
Ora, posto che salire sul trespolo e mettermi a fare predicozzi non mi è mai piaciuto, né mi ha mai gratificata, io due paroline a questo signore e alle sue sostenitrici gliele vorrei proprio dire.
Sì, io, proprio io, che comunque dell’amore non ci ho mai capito un cazzo, che ancora sto qua a chiedermi se le storie avute siano state effettivamente d’amore o di chissà quale altra malattia incurabile.
Credo che non esista amare “troppo” o amare “poco”.
O si ama, o non si ama.
L’amore si manifesta in tutta una serie di atteggiamenti che non è possibile quantificare in troppo o poco… esistono o non esistono.
E se una relazione porta a risultati distruttivi come quelli descritti da Norwood, non è che si sta amando troppo… semplicemente non si sta amando.
L’amore, quello vero, non è mai distruttivo, e non può prescindere dal rispetto verso l’altro, ma prima ancora, verso se stessi.
Se con le amiche, trascorsi i primi periodi in cui credo sia normale, non ho altri argomenti di conversazione se non lui, non sto amando troppo: mi sono rincojonita!
E molto probabilmente il mio non è amore, ma dipendenza.
Se giustifico ogni atteggiamento e mi trasformo nella sua terapeuta, non sto amando troppo: ho evidentemente necessità di gratificazioni.
Se il suo carattere e il suo modo di pensare non mi piacciono, non sto amando troppo: sono una cretina che sta con uno che manco le piace! E se spero che lui cambi, non sto amando troppo: sto amando, forse, l’idea che mi sono fatta di lui, e tentare di cambiarlo non è comunque amore.
Se la mia relazione mette a repentaglio la mia salute emotiva e la mia sicurezza, non sto amando troppo: non sto amando affatto. Perché non esiste amore per l’altro che prescinda dall’amore per se stessi. Non posso amare un uomo, se non so amarmi, non posso rispettarlo, se non mi rispetto.
Mio caro Robin, l’amore è una cosa troppo seria per sparare cazzate…